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AIRC S.Agata di M.llo: Giuseppe Rescifina supera la “damnatio memorie” e restituisce fascino e splendore immortali a Gabriele D'Annunzio Vate d'Italia.


Si è svolto, per raccogliere fondi per l' AIRC (associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), a Sant'Agata di Militello la Conferenza-incontro “La vita del Vate. Moglie, muse e imprese di Gabriele d’Annunzio” organizzata dall'Associazione “Tusciae 20” e dal Comune di Sant'Agata di Militello, presenti il Sindaco Dott. Bruno Mancuso, il Presidente del Consiglio Comunale, Dott. Andrea Barone e l'Assessore Dott. Antonio Scurria. La Conferenza ha le sue radici nella terza edizione de “I tramonti a Ferento” nei pressi di Viterbo; la prima edizione fu dedicata a Dante Alighieri (molti sono i passi della Divina Commedia che hanno rapporto con il viterbese; la seconda a Luigi Pirandello che soggiornò nei pressi di Viterbo; questa terza a Gabriele D'Annunzio per la moglie, Duchessa Maria Harduin di Gallese (Viterbo) cui fu legato tutta la vita. Nella suggestiva cornice del Castello Gallego “al calar della sera”, dopo la proiezione di un breve filmato d'epoca, “Cabiria”, con i sottotitoli scritti proprio da D'Annunzio, Giuseppe Rescifina, giornalista di origini santagatesi, in una illustrazione coinvolgente riesce in un'impresa solitamente difficile e spesso non condivisa: dare una visione “al di là” dei luoghi comuni, delle attribuzioni gratuite (spesso false, nel caso ad es. il taglio di due costole), delle collocazioni politico culturali, di immaginari popolari fuorvianti (ad es la porta dello studio alta 1,5 metri per costringere all'inchino al Genio). Oggetto della validissima (ed approfondita) 


esposizione è il Vate d'Italia, Gabriele D'Annunzio. L'impresa è particolarmente difficile sia perchè D'Annunzio fu Eroe di spessore della I guerra mondiale, sia perché il Regime cercò sempre di appropriarsi della figura del Poeta che invero proprio per la sua indole libertaria mal si accordava a concezioni totalitarie. Ciò non impedì che fosse subissato di onoreficienze, la concessione di un regolare e cospicuo sussidio che gli consentì di far fronte ai debiti, ed infine i funerali di Stato. E' quanto con la caduta del Regime e la sconfitta della II guerra mondiale, valse al nostro la “damnatio memorie”. Eppure – Rescifina giustamente non lo dice in una esposizione con finalità eminentemente letterarie – il “Vate” e specie la sua impresa di Fiume, 1919, (Mussolini avviò una sottoscrizione pubblica per finanziarla) - furono assai apprezzate anche a “Sinistra” ed i sovietici di Lenin furono gl'unici a riconoscere l'indipendenza di Fiume dalla Jugoslavia. Apprezzamento ebbe anche Antonio Gramsci. D'Annunzio, dal canto suo, per un certo periodo guardò con interesse al bolscevismo. Nell'impresa di Fiume insomma c'è qualcosa che già aveva caratterizzato il primo impegno politico del nostro: eletto deputato della Destra nel 1897, passò nelle file della Sinistra. Per la sua indole libertaria fu sempre eminentemente “di Destra” e fu tra i primissimi firmatari, con Filippo Marinetti, del “Manifesto degl'Intellettuali Fascisti”. Per Fiume ci fu una Costituzione provvisoria scritta dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris e rivista da D'Annuzio che prevedeva molti diritti per 


i lavoratori, l' Habeas Corpus, il suffragio universale maschile e femminile, libertà di opinione, orientamento e religione, e, ritorniamo all'esposizione di Rescifina, addirittura un Ministero per la Felicità. Per i rapporti con il Fascismo ed in ispecie con Mussolini è emblematico il primo incontro tra Mussolini e D'Annunzio che Rescifina descrive in maniera trainante: “Fu Mussolini ad andare da D'Annunzio, il quale aveva due salottini d'attesa: uno per gl'amici ed uno per gl'altri. Mussolini fu fatto accomodare in quello per gl'altri. Fu ricevuto al termine di un'attesa di molte ore. Il Duce, in ricordo anche del volantinaggio su Vienna, salutò il Vate apostrofando: “Salve Alato Fante...” ed il Vate rispose freddo: “Salve Lesto Fante” a denunziare tutta la propria delusione di Fiume. Dunque, trattare D'Annunzio da un punto di vista “Oggettivo” scevro da ideologie ed ideologismi e quant'altro è invero alquanto arduo. Gabriele D'Annunzio – il cognome originario del padre, Francesco Paolo, è Rapagnetta che divenne D'Annunzio per l'adozione da parte del ricco zio Antonio – è anzitutto un Eroe della guerra del '15 / '18 e qui vale ricordare l'impresa del survolo di Vienna con 7 velivoli SVA 5 ed il lancio di oltre 50.000 volantini tricolori inneggianti all'Italia con finalità psicologiche e di cessazione del conflitto. Rescifina ricorda le difficoltà dell'impresa, soprattutto per la scarsa autonomia dei velivoli cui si riuscì ad ovviare con delle modifiche, il primo tentativo fallito e quindi il successo. Il nostro si trasferisce a Roma nel 1881 ed 


è forse il periodo più importante, quello in cui il suo stile raffinato ed i gusti aristocratici furono particolarmente bene accolti in una Roma ancora alquanto “provinciale”. E' a Roma che D'Annunzio si sposò nel 1883, a Palazzo Altemps con Maria Hardouin duchessa di Gallese (Viterbo) da cui ebbe tre figli, Mario, Gabriele Maria e Ugo Veniero. Il matrimonio, a causa delle tante relazioni extraconiugali, durò solo alcuni anni, ma i due rimasero sempre in buoni rapporti. E' del 1887 invece quello che resterà l'amore più grande, anche se durato solo cinque anni, ovvero Barbara Leoni. La pubblicazione del suo primo romanzo e primo vero successo letterario, “Il Piacere” è di questo periodo: 1889. Dopo il breve periodo napoletano, 1891 / 1893, “Giovanni Episcopo”, “L'Innocente” e “Il trionfo della morte”, confronto con Nietzsche e stesura de “Le vergini delle rocce”, si trasferisce a Firenze, 1894, per stare vicino alla sua nuova fiamma: Eleonora Duse. I due invero si erano conosciuti a Venezia, poi, nel '92 il nostro le scrisse una dedica su una copia delle sue “Elegie romane” per cui ella volle conoscerlo. La Duse diventa il riferimento anzitutto finanziario ma anche ispirativo in ispecie delle migliori opere del nostro come le “Laudi” e “L'Alcyone”. L'idillio durò poco e s'infranse su diversi scogli: la pubblicazione de “Il fuoco” romanzo in cui si mise a nudo la relazione tra i due e, soprattutto, nel '96 la preferenza a Sara Bernhardt – grande antagonista della Duse - per la prima de “La ville morte” e, in più la nuova amante Alessandra Rudinì. 


“Quanto vi ho cercato...” racconta Rescifina, aveva un giorno detto D'Annunzio alla Duse e lei aveva risposto “Quanto vi ho dimenticato...” Nel 1910 la nuova amante Nathalie de Goloubeff ed i debiti fecero optare D'Annunzio per un soggiorno in Francia. Tornò in Italia nel 1915 partecipò eroicamente alla seconda guerra, organizzò il sorvolo di Vienna 1918, l'impresa di Fiume 1919, ma già nel 1921 deluso dall'esperienza di Fiume, si ritira a vita privata a Gardone Riviera nella villa che chiamò Vittoriale degli Italiani. La vita amorosa continuò sino all'ultimo, ebbe oltre 4.000 donne. Rescifina specifica: “l' “attività” di D'Annunzio anche tre/quattro volte a settimana era data da una prestanza che aveva origini nell'uso di cocaina...” Sono stati letti durante la Conferenza dalla valente Simonetta Pacini brani tratti da “Il 


peccato di maggio”, il famoso “Intermezzo di rime” e “L'Innocente”; ultimo il celeberrimo “La pioggia nel pineto” letto personalmente da Giuseppe Rescifina. Hanno chiuso la Conferena i complimenti del Sindaco, Dott. Bruno Mancuso: “incuriosito e interessato a D'Annunzio sono venuto ed è stato bello sentire una esposizione scevra da falsità e coloriture...” Insomma: Bellissimo e Coinvolgente.
francesco latteri scholten.

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