Intellettuale
francese rampante dai tempi in cui, giovinetto, era il pupillo di
Jean Paul Sartre di cui tracciò il ritratto filosofico biografico
più autorevole, “Sartre il Filosofo del XX secolo”, Bernard
Henry Levy è sulla cresta dell'onda ormai da decenni. In dialogo –
in un rapporto amici/nemici – anche con il nuovo “enfant
terrible” della cultura francese, Michel Houellebecq, dialogo da
cui è scaturito l'interessante volume dibattito “Nemici pubblici”.
Sul piano privato BHL, come ama definirsi egli stesso, è stato
recentemente colpito dalla conversione al cattolicesimo della sorella
minore, specie da quando ha potuto constatarne l'autenticità e la
profondità. Ne è nato un confronto più vero con il cristianesimo
tout court da cui è scaturita la difesa di esso dalle numerosissime
persecuzioni e l'intervento culturale a spada tratta al pari che per
l'Europa. La rivendicazione culturale del cristianesimo lo colloca a
fianco proprio di Houellebecq (rimandiamo a proposito alla celebre
intervista di questi allo Spiegel) mentre il solco filosofico resta
quello fenomenologico esistenzialista dove peraltro accanto ad atei
quali Sartre, la presenza cristiana è ben nutrita. D'altronde
insegnava alla Sorbonne ben prima di Sartre già San Tommaso d'Aquino
anch'egli già ai suoi tempi sulle barricate con gli studenti a
rivendicare, proprio come Jean Paul, la Libertà: libertà di studio
e libertà di insegnamento. Libertà: esattamente quello che prima e
più di ogni altra cosa il Covid19 ci ha tolto, insieme alla
socialità. E, dunque il sentimento che più caratterizza è quello
con il cui nome si chiude l'ultima opera, “Il virus che rende
Folli”: rabbia. “La buona rabbia, la rabbia di Achille
nell'Iliade, è l'inizio del pensiero”. Eppure BHL non è né
contro il Lockdown né contro i medici. Se infatti cita la frase
talmudica “il miglior medico del mondo andrà all'inferno” ne
specifica subito il senso: “... il miglior medico è un esperto nel
trattamento dei corpi ma è così esperto che si preoccupa solo di
quello. E dimentica quel fascio di luce, quel lampo che ci attraversa
e fa sì che un corpo prenda vita, diventando un soggetto singolare.
Ecco perché quel medico va all'inferno (…) rendo omaggio a quelli
che si sono prodigati per le cure”. Per BHL si tratta di assurgere
ad un criterio, nel trattamento epidemiologico, non solo medico, come
indicato da Rudolf Virchow “Un'epidemia è un fenomeno sociale che
ha alcuni aspetti medici” “Dal punto di vista sociale, quello di
cui mi occupo, abbiamo rischiato molto. Un mondo in cui non ci
stringiamo più la mano, in cui non seppelliamo più i morti, in cui
diffidiamo uno dell'altro, va verso una regressione della civiltà”.
Tuttavia il lockdown era necessario, anche se per il filosofo
francese il modello tedesco è più auspicabile. Bene perciò
l'azione di governo e con Macron e Merkel l'Europa ha riguadagnato
tempo e dal Covid19 ha preso il via per una realtà nuova più
solidale ed autentica. Con grande acume
Bernard Henry sottolinea –
ed è sinora il primo e l'unico – come il Covid19 ci abbia
pilotati di fatto in un imbuto cui fondo era la scelta tra vivere
alla cinese o morire: “La Cina ci ha imposto un modello
problematico, il confinamento, e un altro, ancora più folle, il
tracciamento. A un certo punto si diceva tracciare, testare, isolare
come se si dicesse liberté, egalité, fraternité. (…) salvare
vite è bene ma la vita libera è meglio. Ci deve essere un modo per
combattere una pandemia senza cadere nella trappola dello stato di
sorveglianza sanitaria (…) e se è vero che possiamo morire di
Covid19 lo possiamo anche di fame, di miseria, di disperazione, di
solitudine e di tutte le altre malattie più antiche che gli ospedali
non hanno avuto tempo di curare”. Tuttavia il Covid19 ci ha fatti
uscire riducendolo a pezzi, dal sogno utopista di un post umanesimo
in cui tutto era curabile: “il Covid19 ha riportato il tragico
nelle ns vite”.
francesco
latteri scholten.
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