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Quando Dio si nasconde dietro la matematica


Di Nicoletta Latteri
C’è un tema che agita il mondo della scienza fin dai suoi albori ed è l’infinito, l’indimostrabile problema sulle tracce del quale alcune delle più grandi menti matematiche hanno perso la ragione e che da alcuni è stato definito il santo Graal della matematica. Ciò che lo rende così irresistibile per molti studiosi non sono solo le difficoltà che porta con sé, ma anche l’essere stato accostato al concetto di Dio, al punto da venire usato come suo sinonimo. Al di là delle affinità teologiche, Dio e l’infinito hanno in comune il fatto di costituire uno dei problemi matematici di più difficile soluzione. Solo alla fine dell’ 800 Georg Cantor riuscì a fornire alla discussione sull’infinito, che si trascinava sin dall’antichità, un nuovo assetto e nuove prospettive risolvendo gli ostacoli che 


avevano ancora bloccato Galilei e fornendo una legittima riproposizione dell’infinito attuale; egli infatti riuscì a dimostrare che non tutti gli infiniti sono uguali e che vi sono più livelli di infinito, in questo contesto ebbe bisogno di una nuova notazione per definirli e decise di indicarli usando la prima lettera dell’alfabeto ebraico l’alef: א, simbolo di Dio e della sua infinità, inoltre la prima lettera l’א avrebbe segnato l’inizio di una nuova epoca matematica, quella dell’infinito attuale. L’ultimo di questi livelli di א fu definito da Cantor assoluto, un concetto che esulava dall’analisi e dal rigore logico-matematico, la cui formulazione ricorda in qualche modo l’infinito di alcuni teologi medievali e del Cusano. Cantor diede anche un nome all’ultimo livello di infinito, lo chiamò Dio. Forse per qualche attimo si diffuse l’illusione di 


poter essere vicini al trovare la formula di Dio, ma non fu così. Ancora una volta l’uomo inseguendo l’antico mito di poter giungere alla conoscenza di Dio, tramite il superamento di ogni limite umano grazie alla scienza, rischiò di perdere le sue certezze, infatti, il grande matematico non riuscì a difendere la sua ipotesi del continuo dai forti attacchi e nel tentare di confermarla perse la ragione in quello che oggi verrebbe chiamato esaurimento nervoso da sforzo. In questo la ricerca dell’infinito matematico ricorda molto la legenda del Santo Graal, e, come in una fiaba appunto, dopo di lui arrivò un ragazzo: Gödel che riuscì dimostrare che l’ipotesi del continuo di Cantor era compatibile con gli altri assiomi della teoria degli insiemi, ma lo fece in un modo del tutto 

inaspettato e rivoluzionario per quanto riguarda tutta la storia delle scienze: dimostrò che non era dimostrabile, in quanto all’interno di un sistema rigorosamente assiomatico, come formulato da Russell e Whitehead nei Principia matematica, esistono proposizioni che sono indecidibili, quindi non dimostrabili, non perché sbagliate ma perché non dimostrabili. Era il famoso teorema dell’incompletezza, grazie al quale la matematica smise di essere una scienza esatta, le ricerche rivoluzionarie sull’infinito tuttavia erano salve. Non è un caso però se, quando morì negli anni 70, Gödel che intanto era diventato il più grande matematico del 900, e forse di sempre, stava lavorando alla dimostrazione dell’esistenza di Dio, forse dopo avere risolto problemi plurisecolari che avevano imbrigliato l’infinito, era passato all’altro problema, affine ma ben più prelibato senza tuttavia riuscirci, anch’egli in fine vittima di un esaurimento nervoso. 


Quindi, con buona pace di chi afferma che la scienza ha dimostrato l’inesistenza di Dio, una valida dimostrazione dell’esistenza di Dio o una sua negazione, che più o meno si equivalgono in fatto di difficoltà, continua a sfuggire anche ai matematici più geniali ed in una scienza basata su dimostrazioni e confutazioni ogni altra cosa che esuli dal processo scientifico non ha valore o ragione d’essere. Così in conclusione per quanti scienziati si prodigheranno nel dire che Dio non esiste e faranno d tutto per riuscire ad estromettere il concetto di Dio dalla scienza stessa, altrettanti cercheranno di dimostrarne l’esistenza, perché non c’è niente che attiri maggiormente l’animo umano più di un problema non risolto, un qualcosa in cui tutti gli altri hanno fallito… la ricerca continuerà e gli scienziati continueranno a cercare Dio fosse anche solo per riuscire finalmente a negarne l’esistenza.
NB : pubblicato con il consenso dell'autrice, sotto il link origine

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