"Miserabile,
aveva sopra il capo l'unico luogo stabile del cosmo, l'unico riscatto
alla dannazione del panta rei, e pensava che fossero affari Suoi e
non suoi. E infatti subito dopo la coppia si allontanò - lui educato
su qualche manuale che gli aveva ottenebrato la possibilità di
meraviglia, lei inerte, inaccessibile al brivido dell'infinnito,
entrambi senza aver registrato nella propria memoria l'esperienza
terrificante di quel loro incontro - primo e ultimo - con l'Uno, l'En
sof, l'Indicibile. Come non cadere in ginocchio davanti all'altare
della certezza? Io guardavo con reverenza e paura." Il punto
cui è sospeso il pendolo - qualsiasi punto cui sia sospeso un
qualsiasi pendolo - è un punto geometrico. Un punto privo di
dimensioni. Essendo tale però non può avere movimento alcuno, ergo
è immobile. E' così che con il pendolo è possibile dimostrare il
moto della Terra. Ma esso dimostra, altresì l'esistenza dell'Uno.
All'atto pratico però l'Uno è lì dove si sceglie di attaccare il
pendolo ... Dunque l'Uno ed il Vero esistono, ma è altrettanto vero
che la loro realtà dipendano da dove si decida di collocarli. E' il
tema di fondo affrontato nel romanzo di Eco. Un tema che sorge dalle
profondità dei tempi: il rapporto tra il soggetto e la Verità; tra
l'esistenza di questa e quella del soggetto. Platone lo aveva
affrontato magistralmente ne l' "Apologia di Socrate".
La Verità è quella secondo la quale vale la pena di vivere e, se
necessario, di morire. Socrate è persuaso di averlo fatto ed in
pienezza, di aver dato testimonianza alla Verità con la
propria vita. Accettare dunque la proposta di fuggire di nascosto e vivere in
esilio non ha un senso, infatti anche lì egli vivrebbe secondo la
Verità e testimoniandola e dunque come è incarcerato qui dai suoi
stessi concittadini, lo sarebbe maggiormente altrove. Se dunque è
reo di morte per aver testimoniato la Verità, dovrà subire questa
condanna: "Ma dovete sperar bene anche voi giudici, in
cospetto alla morte: e, se non altro, credere per vero solo questo:
che a colui che è buono non accade male alcuno, né vivo né morto e
che gl'Iddii non trascurano le cose sue. Né quello che è avvenuto a
me ora, è per caso: peroché chiaro vedo che il morire ed essere
liberato dalle brighe del mondo per me era meglio. Perciò non mi
contrariò mai il segno dell'Iddio; ed io stesso non sono niente in
collera con quelli che m'han votato contro e con gl'accusatori,
quantunque non con questa intenzione m'avessero votato contro e
accusato, ma sibbene credendo farmi del male. E in ciò sono da
biasimare. (...) Ma già ora è di andare: io, a morire; voi a
vivere. Chi di noi andrà a stare meglio, occulto è a ognuno,
salvoché a Dio." Anche Gesù Cristo decise per la stessa
scelta esistenziale rimanendo nell'orto degli ulivi a pregare. Se la
Verità non è vissuta non è creduta all'atto pratico, dunque non è
vera. Lo dirà San Paolo e tanti altri, lo diranno i laici come
Sartre: "Verité et existence". Tempi, luoghi ed
azioni possono essere molteplici, come di fatto sono nella vita di
ciascuno, ma essi riconducono comunque a questo rapporto, convergono
su questo punto focale. Il punto dal quale può essere visto il
movimento del
mondo, della vita, dal quale si accede al suo senso ed
al suo significato. Ma, è la Verità ad istituire sempre anche la
menzogna, così come il Bene definisce il Male. Ma, si diceva, sta ai
soggetti scegliere il punto cui fissare il pendolo, accade così che
non tutti optino per lo stesso punto, anzi nella realtà capita assai
sovente che ciascuno lo collochi in luogo diverso. Può così
succedere che ciò che è vero per alcuni sia errore per altri: tutto
può succedere. Può succedere anche che tre amici scherzino e si
prendano gioco di ciò che è vero per altri e, peggio, che ciò che
è stato buttato in piazza per scherzo e gioco sia poi preso per
vero. E' quanto capita ne "Il pendolo" dove una sera
al Bar, "da Pilade" tra una birra ed una partita a
bliardo e l'altra, tre amici, piccoli intellettuali frequentatori di
dase editrici che hanno anche a che fare con l'occultismo, i piani
massonici, templari, rosacrociani, cercatori di Graal, et similia,
decidono per gioco e per scherzo di mettere insieme ciò che si sa di
queste cose. Accade di peggio: decidono di provare se sia possibile
mettere insieme seriamente ed in modo sensato ciò che è noto per
vedere cosa ne esca. Succede ancora di peggio: ne esce qualcosa di
più sensato di ciò che si trova in circolazione. Alla luce di
questo è deciso il gesto che porterà alla rovina: tramite le case
editrici con cui hanno a che fare fanno circolare il loro "Piano"
negli ambienti di cui sopra. Il "Piano" infatti
viene creduto "Vero" nei massimi ambienti: iniziano
le ricerche delle sue origini, dei suoi
detentori. Il confronto è
subito serrato, ma inizialmente dipanantesi solo sul piano del
confronto teorico tra le diverse tesi ed il loro intreccio
inestricabile nel quale "Il pendolo" diviene la
migliore opera di consulenza tecnico scientifica sul materiale
riguardante il Graal, i Rosa Croce, i Templari etc. Ma subito il
confronto diviene anche concreto e pratico ed incide immediatamente
nella vita dei personaggi. Diventa poi chiaro che il fatto più
cruciale per ognuno, tanto nel rapporto con sé, quanto in quello con
gl'altri sia proprio quello di "Dove" ciscuno vada a
collocare il punto sospensivo del "Proprio" pendolo,
ossia della propria "Verità". Cosa significhi per
ciascuno e la sua vita che la "Verità" sia una
piuttosto che un'altra. Perciò che la "Verità"
DEBBA essere una piuttosto che un'altra. Che, proprio per questo la
"Verità" debba essere avvolta da un'aura di
mistero. E' infatti al fatto che la "Verità" sia
"quella" e che sia nota solo ad alcuni adepti, ciò
che ad essi dà fama, potere, ricchezza. E' per questo che i vertici
debbono entrare in possesso, a qualunque costo, del "nuovo"
"Piano", per conservare il loro potere. Un "Piano"
inventato per scherzo ingigantisce tutto ciò prtandolo al
parossismo. In più: un "Piano" inventato per
scherzo smaschera una realtà ulteriore, quella che il segreto più
segreto sia un segreto vuoto, perché essendo tale non potrà ami
essere svelato: "Ora so qual è la Legge del Regno, della
povera, disperata, smandrappata Malkut (l'ultima delle
Sefirot, ndr.)
in cui si è esiliata la Saggezza, andando a tastoni per ritrovare la
propria lucidità perduta. La verità di Malkut, l'unica verità che
brilla nella notte delle Sefirot, è che la Saggezza si scopre nuda
in Malkut, e scopre che il proprio mistero sta nel non essere, se non
per un momento, che è l'ultimo. Dopo ricominciano gli Altri. E con
gli altri i diabolici, a cercare abissi dove si celi il segreto che
la loro follia è. (...) E' notte alta, sono partito da Parigi questa
mattina, ho lasciato troppe tracce. Hanno fatto in tempo a indovinare
dove sono. Tra poco arriveranno. Vorrei aver scritto tutto ciò che
ho pensato da questo pomeriggio a ora. Ma se Essi lo leggessero, ne
trarrebbero un'altra cupa teoria e passerebbero l'eternità a cercare
di decifrare il messaggio segreto che si cela dietro la mia storia.
E' impossibile, direbbero, che costui ci abbia raccontato solo che si
stava prendendo gioco di noi. No, magari lui non lo sapeva, ma
l'Essere ci lanciava un messaggio attraverso il suo oblio. Che lo
abbia scritto o no, non fa differenza. Cercherebbero sempre un altro
senso, anche nel mio silenzio. Sono fatti così. Sono ciechi alla
rivelazione. Malkut è Malkut e basta. Ma vaglielo a dire. Non hanno
fede." Alla fine però qualsiasi cosa è meglio che lo
svelamento del fatto che la "Verità" per la quale
il grande colonnello Ardenti sia appunto il "Grande
Colonnello Ardenti" è una bufala. Sarebbe solo un povero
coglionaccio qualsiasi, lui e gl'altri, altro che grandeur, potere e
ricchezza. Qualsiasi cosa è meglio, anche l'omicidio. Ogni "Verità"
infatti incarna, alla fine, un potere ed è questo quello che, in
nome della "Verità" va custodito. "Il
pendolo" rinvia dunque alla questione di dove fissarlo,
ovvero di scegliere. Scegliere o stabilire quale sia la Verità, la
Verità Vera, quella per la quale, come Socrate o come ns Signore
Gesù Cristo, valga la pena di vivere o, che è lo stesso, di morire.
francesco
latteri scholten.
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