Daniel Di Schuler
sono rimasti gomito a gomito per secoli. Saprete che quasi tutte le ligue parlate tra l’Irlanda e l’India sono imparentate tra loro, al punto da costituire la famiglia delle lingue indoeuropee e che si pensa derivino da un antenato comune. Antico Germanico, Celtico e Latino, però, si somigliano ancora di più: come se i popoli che li parlavano fossero rimasti uniti ancora molto dopo che gli Iranici o i Baltici se n'erano andati per la loro strada. Una somiglianza che è evidente per chi conosce anche solo un po’ d’Inglese. In Latino si dice pisces; in inglese fish. In latino si dice pater; in inglese father. Sì, le parole sono quasi identiche. Solo la “p” iniziale del Latino, per i germanici Angli e Sassoni è diventata una “f”. Una regolarità di cui si sono accorti anche i linguisti. Prima Grimm e poi Verner, già nell’Ottocento, hanno scoperto le leggi che regolano la trasformazione delle consonanti indoeuropee in quelle germaniche. Un altro esempio? La “c” dura iniziale del Latino, diventa “h” in inglese. Così “collis” diventa “hill”, “canis” diventa “hound” e “cardium” diventa “heart”. Una cuginanza antica, insomma, quella tra Latini e Germani. Precedente la discesa (forse proprio dalla Germania Meridionale) dei Latini e degli altri Italici nella penisola. Una parentela che si è rinnovata quando, non proprio pacificamente, anche dei germani hanno preso la via dell’Italia. Messa una croce sui poveri Cimbri e Teutoni (che Gaio Mario ha definitivamente sconfitto e sterminato a Vercelli nel 101 a.C.), alla fine dell’impero da noi sono arrivati i Goti. Dopo di loro quasi tutta
l’Italia, dalle Alpi al Nord della Calabria, è diventata terra dei Longobardi. (E dove non sono arrivati loro, in Sicilia, sono arrivati i Normanni.) Germanici che ci hanno passato anche centinaia di parole. Tanti toponimi di cui vi ho già scritto. Tanti termini della vita cavalleresca di cui forse saprete (da maresciallo a gualdrappa). Anche tante parole di uso comune. Quando sentite una “gu”, per esempio, potete subito sospettare che dietro ci sia la “wu” dei Longobardi. Sono infatti di origine longobarda guancia, guanto, guardia. E poi gruccia, schiena, stinco, giallo, bianco, bicchiere, sala, nastro, benda, rocca, albergo. Insomma, un vocabolario ricchissimo (e anche ricco è parola di origine germanica). Parole e nomi, alcuni ancora molto diffusi, come Alberto (derivata da Adalberto: composto da adal, "nobile", e beraht, "brillante") o Enrico (heim – reich; potente a casa propria). Nomi e, quasi ovviamente, i cognomi
che ne derivano. Ne volete uno? Alighieri, che arriva da Alighiero: adal, “nobile” e gar, “lancia”. Ma se “gar” vuol dire “lancia”, allora … E già, anche Garibaldi è di origine germanica: da “gar”, appunto, e da “bald”, che significa audace e da cui arriva anche la parola “baldo”. Tutto questo, in uno scritto che ho tirato fuori dal magazzino per celebrare l’incontro avvenuto in settimana, a Milano, tra il presidente Mattarella e il presidente tedesco Steinmaier. Due gentiluomini che fanno onore ai loro paesi e a tutta l’Europa. Due amici che, in fondo, continuano una lunga storia di famiglia (e certo, in famiglia ci sono stati anche dei litigi). Mentre, come ho già spiegato a un mio amico in preda a furore anti-germanico, resta vero che se gratti l’italiano, sotto ci trovi sempre almeno un po’ di tedesco.
Daniel Di Schuler
E' nato il 12 settembre 1964, Scrittore, Pittore e Scultore, conosciuto per i numerosi viaggi vive in un villaggio di pescatori vicino Fisterra. Il suo romanzo “Un'Odissea minuta” edito da Baldini e Castoldi è stato finalista del Premio Italo Calvino. E' scrivener c/o Baldini + Castoldi, Bertoner editore e Albe Edizioni. Il suo ultimo lavoro è “L'ora che il tempo dice” pubblicato da Ex Cogita.
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