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Processo a Salvini: dalla Sen. Bongiorno il senso dello Stato contro il robespierrismo dilagante.

Contro il robespierrismo dilagante dello Stato giudiziario di cui i francesi dopo la rivoluzione hanno saputo liberarsi ma che da noi con qualche secolo di ritardo - imposto dal PCI nei primi anni '90 - impera ancora, si è finalmente levata forte una voce nella quale, si ravvisa il senso dello Stato: quella della Sen. Giulia Bongiorno. Con la sagacia che le è propria la Sen. Bongiorno centra in pieno il vero punto della questione ovvero quello della separazione dei poteri sancita dalla ns Costituzione che non è, come nelle idee dell'ex PCI e di tanta sinistra ancora oggi, una specie di revival della repubblica dei Robespierre e Saint Just o delle repubbliche sovietiche: “Quello che non è chiaro – ha ben sottolineato nel suo intervento in Parlamento la Sen. - è che da un lato c'è un ministro e sull'altro piatto della bilancia c'è il potere giudiziario. Ma la legge dice che quando ci sono questi due poteri, ci vuole un terzo giudice. In questo momento siamo noi senatori, i giudici. O capiamo questo o non abbiamo capito nulla.” "Prenda un altro avvocato, più autorevole di me – ha quindi continuato rivolgendosi a Salvini -. Un avvocato che ha detto: 'Noi della presidenza del consiglio abbiamo lavorato perché bisogna ricollocare e poi consentire lo sbarco'. Ecco, in relazione alla Gregoretti, 


queste sono le parole del presidente del consiglio, avvocato Giuseppe Conte". Il Senato applaude convinto: "Io credo - conclude la Sen. Bongiorno - che sia impossibile configurare un rallentamento allo sbarco come un sequestro di persona. Create questa nuova fattispecie incriminatrice, il rallentamento allo sbarco. E processate Salvini. Ma certamente non è sequestro di persona. In nome della separazione dei poteri, non celebratene il requiem ma siate liberi, coraggiosi e forti". Nella direzione della separazione dei poteri si è anche indirizzato l'ex DC Sen. Pierferdinando Casini: “Mandare a giudizio un Ministro per il programma del Governo di cui fa parte significa scadere nell'arbitrio e nella faziosità. La Costituzione ci chiede solo di valutare se gli atti del senatore Salvini sono frutto della valutazione che il suo governo ha fatto dell’interesse generale del paese, non della nostra valutazione di tale interesse generale (…) Non mi pare 


che vi sia alcun dubbio che le azioni del ministro Salvini siano coerenti e esecutive del programma del governo di cui allora faceva parte, come nel caso dei suoi precedenti atti e comportamenti che questo Parlamento è stato chiamato a valutare.” in particolare il Sen. Ha poi osservato che “Il senatore Salvini non ha sicuramente agito, in “solitudine” o in contrasto con le politiche del governo dell’epoca di cui era, peraltro, uno dei principali protagonisti.” Dunque, obiettivamente anche altri dovrebbero andare a giudizio...

francesco latteri scholten.

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