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Pier Paolo Pasolini: l'introduzione al tema metafisico in "Petrolio".


Il tema è antico quanto l'umanità, è il dualismo bene / male. Lo troviamo già nell'antitesi luce / tenebra della genesi, in quello classico - altrettanto o forse più antico - caos / armonia. Quest'ultimo ci avvicina di più anche all'introspezione, in quanto, a seconda dei punti di vista il caos può essere identificato con il male e l'armonia con il bene, o viceversa. Si tratta allora non solo di due realtà in sé e "cosmiche" ma di realtà proprie dell'animo umano, dello spirito. Già S. Tommaso, poi anche S. Ignazio, vedranno tanto le due realtà, quanto la realtà dello spirito umano al cospetto di queste realtà. E' il difficile discernimento tra lo spirito buono e quello cattivo, quali ispiratori dell'anima a costituire la base, già in Tommaso, ma segnatamente in Ignazio, del cammino spirituale dell'uomo. E' un discorso intimamente connesso anche alla libertà umana. E' tematica ripresa anche da tanta letteratura laica, più o meno celebre,si guardi al "Faust" di Goethe, o si consideri il famoso "Caso del dottor Jekkyll e mister Hyde". Nel primo, alla fine, la "Grazia" ad opera della donna salva l'uomo dalla sua attitudine passionale al male. Nel secondo la dialettica tra i due poli assume tale forza ed intensità da scindere radicalmente in due personaggi e due spiriti diversi la stessa persona. E' la traccia seguita in modo magistrale e superbamente geniale dalla fantasia estrosa di Pier Paolo:

" "Bene", dice alla fine Polis venendo a patti con l'Inconciliabile, "allora che cosa vuoi fare?" Tetis ch'è certo ancora più pragmatico, come colui che vuole il male, e si accontenta del male che può fare subito - perché c'è sempre molto tempo per farne dell'altro - risponde senza esitazione: "Tu prenditi ciò che è tuo, e io mi prendo ciò che è mio". "Cioé?" s'informò, comprensivo l'angelo. "Tu" risponde il diavolo "ti prendi il tuo Corpo. E io mi prendo l'altro Corpo che c'è dentro". La proposta del diavolo è ragionevole! Polis lo guarda come affascinato. Tace e lo guarda. E mentre tace e lo guarda un sorriso sale dal suo profondo, lentamente, come un cielo su cui il vento spazza via le nubi, e pian piano lo rende perfettamente sereno e luminoso: finché il sorriso, suscitato dalla proposta del diavolo, ma, forse giustificato da calcoli più profondi, si tramutò in parola: "Accetto" disse Polis "prenditi l'altro Corpo". Tetis non se lo fa ripetere due volte: tira fuori dalle sue sordide saccocce un coltello, ne infila la punta nel ventre del corpo di Carlo e vi fa un lungo taglio. Poi con le mani lo apre, e, da dentro le viscere ne estrae un feto. Con una mano, passandola sulle labbra sanguinose del taglio, medica e cicatrizza la ferita; con l'altra alza il feto al cielo, come una levatrice felice della sua opera. Il feto cresce immediatamente a vista d'occhio. E, con enorme stupore, man mano che cresce, Carlo lo riconosce: è lui stesso bambino, poi ragazzo, poi giovane, poi trentenne così com'è adesso, un uomo dall'aria colta e preparata, pronto per la vita. Come il feto è divenuto adulto, e sta in piedi sul terrazzino, accanto al suo patrono, Carlo vede che anche il corpo disteso per terra, privo di sensi, si ricomincia, come una puerpera, a rianimare. Lo vede aprire lentamente gl'occhi, guardarsi intorno smarrito; rimettersi gli occhiali, e, puntando la mano a terra, rialzarsi, finché è dritto, in piedi, accanto a Polis: colui al quale (pare) appartiene. Colui che in cambio della sua venerazione l'avrebbe protetto. Il Carlo di Tetis e il Carlo di Polis sono identici. E infatti si identificano. Fanno un breve passo uno verso l'altro, come per scrutarsi meglio. E Carlo li vede di profilo, immobili, come Cristo e Giuda nel quadro di Giotto: sono così vicini che il loro è il gesto che fanno due persone quando stanno per darsi un bacio. E intanto si fissano così attentamente che i loro occhi paiono impietriti. Un sentimento oscuro è nel fondo di quello sguardo, che li unisce strettamente, come legandoli in un'unica tensione che li spinge l'uno verso l'altro. Mentre Carlo osserva quello sguardo di chi indovina e tace, e non sa staccarsi da ciò a cui è dovuta la rivelazione - prevedendo, nel tempo stesso, tutta la lunga catena di atti futuri che quel riconoscimento contiene - non si accorge che l'angelo e il diavolo si sono allontanati. Fa appena in tempo a vedere che scompaiono, conversando amichevolmente e tenedosi sottobraccio come due vecchi amici che condividono la vita".

La pagina di Pasolini è stupenda. Certo essa non ha il brio - anche umoristico - di quella di Goethe negli inizi del "Faust", non ha l'oscurità del Jekyll, ma essa ha invece proprio quella atmosfera che dovrebbe essere naturalmente connaturata ad una simile realtà: il giusto mixing - 50 e 50 - di perfetta, serena chiarezza ed, egualmente di oscurità. L'ngelo ed il demone si allontanano insieme sottobraccio da vecchi amici perchè hanno rispettato la realtà: si sono posti egualmente quali interlocutori, quali soggetti di interlocuzione all'uomo, con ciò radicalmente agendo su di lui. La pagina di Pier Paolo è una delle più belle, oserei dire titaniche della letteratura mondiale del Novecento.
francesco latteri scholten.

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