Il 3 maggio 2004 la legge n°112 - Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI - Radiotelevisione italiana S.p.A., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione - nota come legge Gasparri inquadrava la RAI nel contesto mediatico già delineato dalla legge 6 agosto 1990, legge Mammì (che in molti compreso l'attuale Presidente della Repubblica rifiutarono di firmare) segnando di fatto la definitiva leadership mediatica del ventennio berlusconiano. La ridefinizione del quadro legislativo di riferimento per il settore mediatico è ormai imprescindibile per la mutazione della realtà politico culturale e socioeconomica. Nell'attuale contesto, se per il Paese sarebbe urgente un superamento della Mammì per almeno arginare Murdoch, per la RAI è doppiamente urgente una riforma. Anzitutto per svicolarsi dall'empeachment di non competere con Mediaset e sono qui significative le affermazioni già fatte dalla Presidente Anna Maria Tarantola: "...il processo di cambiamento è faticoso anche a motivo dell'attuale governance; come ho avuto modo di osservare in una mia precedente audizione, la presenza di interessi meta-aziendali non aiuta (...) La RAI comunque va assolutamente riformata". In secondo luogo, per mantenere ed incrementare il proprio "Profilo", comunque notevole, ed adeguarlo ai migliori standard internazionali in vista anche di una eventuale competizione con una Sky "in chiaro" prossimamente anche in Italia. Per questo il Governo Renzi ha giustamente preso di mira particolarmente la modifica dell'art. 20 della Gasparri, quella inerente la governance RAI - che ne ha di fatto connotato una subalternità a Mediset nel "ventennio" - che recita: "Un cda di nove membri, in carica per tre anni, rieleggibili una sola volta: sette eletti dalla commissione di Vigilanza, e quindi dai partiti (con voto limitato ad uno, cioè quattro alla maggioranza e tre all'opposizione), gli altri due, di cui il presidente, indicati dall'azionista ministero dell'Economia. La nomina del presidente diventa però efficace con il parere favorevole, a maggioranza di due terzi, della Vigilanza." La prospettiva del Presidente del Consiglio Matteo Renzi per uscire da questa empasse è quella di una struttura agile e leggera con un A.D. come in tutte le grandi aziende, ed un CdA di soli cinque o sei membri eletti con criteri che pur lasciando la titolarità al Parlamento garantiscano l'indipendenza dai partiti. In questo contesto troverebbe collocazione positiva il "Piano 15 dicembre" dell'attuale Direttore Luigi Gubitosi, in memoria del 15 dicembre 1979, quando per completare l'assetto RAI nacquero Tgr e Tg3. Il "Piano", già caldeggiato tra gl'altri dal Min. Padoan, prevede una razionalizzazione in funzione del digitale, ispirata anche alla BBC: due soli newsroom la prima accorpando Tg1, Tg2 e Rai Parlamento, la seconda accorpando Tg3, Rai News, Tgr, Ciss, Meteo e Web. Il tutto unificando le redazioni ma lasciando al pubblico i marchi ed i visi di sempre: chi vede il Tg1 delle 20 continuerà a vederlo, così il Tg2 etc. Tutto però confluirà in una struttura tecnologica unica. Una politica che consente risparmi immediati, agilità e servizi più efficaci. Una riforma dunque per una RAI di nuovo rampante in una propsettiva di oltre "ventennio", completamento ideale della quale sarebbe l'uscita anche da quella Mammì per non firmare la quale Sergio Mattarella si dimise.
francesco latteri scholten.
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