L'evoluzione
della specie umana insegna molte cose, soprattutto a coloro che hanno
la fortuna di poterla studiare. E' uno studio apparentemente semplice
perché produce in
coloro che vi si dedicano un'inesorabile empatia,
riconoscendo in questo sviluppo molti tratti della odierna vita
quotidiana. In effetti nonostante molte cose possano essere
apparentemente cambiate, rispetto al passato, anche quando eravamo
agli albori del nostro sviluppo, vi sono molti aspetti che continuano
a rimanere immobili proprio in nome della loro importanza. Bene uno
di questi è la necessità della
nostra specie di modificare
l'ambiente lasciando in esso dei segni attraverso l'utilizzo della
materia, proprio quello che accade nel caso di Giuseppe Prinzi. Certo
tutti si possono improvvisare “modificatori di materia”, e tutti
possono
lasciare segni del loro passaggio. In questo caso, però,
siamo in presenza di segni che acquistano un valore universale grazie
al tratto, ai colori, alle espressioni evidenziate, ossia grazie a
tutti quegli elementi universali che uniscono i popoli
fra loro. I
paradossi pirandelliani sono i paradossi dell'intera umanità, delle
apparenti differenze fra i popoli. In realtà l'evoluzione
dell'intera specie presenta molti più elementi in comune che
elementi abili nella separazione. La separazione
è un esercizio
scientificamente utile alla nostra mente occidentale proprio perché
siamo di origine aristotelica e abituati a dividere il mondo
all'interno di categorie, scatole che spesso non facciamo comunicare
fra loro. L'opera di Giuseppe Prinzi mi ricorda una celebre frase:
“Le cose sono unite da legami invisibili. Non puoi cogliere un
fiore senza turbare una stella” (Galileo Galilei 1564 – 1642)
Alessandro
Bertirotti.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.