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Riguardo a: "Violato il diritto al suicidio assistito". Tetraplegico denuncia Asur Marche con il supporto legale di Cappato

 


Di Kathrin von Hohenstaufen

Vero rispetto della persona e della sofferenza è il contrario della strumentalizzazione pubblica e giuridica dei casi limite.

Assistiamo ancora una volta alla rincorsa alla spettacolarizzazione della sofferenza di una singola persona allo scopo di farne caso emblematico e cortocircuito giuridico. In una sorta di caricaturale e spietata sperimentazione giuridica non autorizzata si accendono i riflettori sulla richiesta di un singolo malato, utilizzando ogni singolo malato per il raggiungimento di un nuovo scalino nella progressione geometrica troppo rapida e spericolata, che vorrebbe in pochi anni portare dalla legge 219 del 2017 all'eutanasia legale, persino dopo che la Sentenza di Massa ha dimostrato non esistere il criterio minimo di univoca interpretazione dei casi: ossia un consenso su quali siano le terapie di supporto vitale ed il livello di gravità della malattia scriminanti.

Rendere nuovamente il caso pubblico, significa già condizionare irrispettosamente gli aspetti motivazionali del singolo, al limite dell'istigazione ed incitamento al suicidio: ove persistesse nel proposito suicidario sarebbe primo ed emblema di qualcosa, altrimenti la sua scelta ricadrebbe nell'anonimato. Questa prospettiva non può non avere peso, smisurato, sulle scelte del giovane uomo di Ancona che ha richiesto il suicidio assistito in questi giorni, in piena campagna pubblica pro-eutanasica ed alla vigilia della discussione della legge in Senato.



Dovremmo innanzitutto aver a cuore la volontà di scongiurare un atteggiamento discriminatorio secondo cui si esalta l'intenzione suicidaria di una persona in quanto malata eseguendola, lì dove la stessa intenzione porterebbe a terapie di prevenzione del suicidio in una persona fisicamente sana. Pertanto bisogna iniziare dal rispetto delle condizioni psicologiche del diretto interessato, sia promuovendo le cure psicologiche immediate a cui ha diritto proprio in questo momento, sia facilitandone la corretta applicazione alleggerendo il suo caso da eventuali risvolti politico-giuridici "epocali" o percepiti come tali. Ricordiamo che dal punto di vista psichiatrico potrebbe già essere significativo che a chiedere il suicidio assistito sia una persona in condizioni fisiche, età e sesso simili a quelle di DJ Fabo. Potrebbe infatti già essere in atto il cosidetto contagio dei suicidi che segue proprio all'esaltazione di una scelta suicidaria sui media.

Inoltre è soprattutto in questi casi che si dovrebbe fare corretta informazione, pubblica ed al letto del malato, su quali siano le alternative (ossia le cure standard) ad un gesto autolesionistico attivo come il suicidio assistito: in molti interventi pubblici i pro-choice creano confusione sui protocolli di interruzione delle terapie di supporto vitale ed instaurazione della sedazione profonda per eliminare la sofferenza del fine vita, con dichiarazioni che lasciano intendere la persona possa rimanere senziente fino all'ultimo con terribili sofferenze. 



Questo oltre che falso condiziona i malati in almeno due modi: da una parte fa vedere il suicidio come unica soluzione indolore, dall'altra li priva della possibilità di capire se la scelta di morte, privata degli aspetti di autolesionismo attivo del suicidio assistito (non privi di sfumature dimostrative), sia ancora attraente e valida per loro.

Una disinformazione a più livelli non si può più tollerare, non solo perché condiziona l'esito delle scelte politiche del cittadino in materia, ma anche perché condiziona qui ed ora la sofferenza psicologica ed il bagaglio di paura ed ansia di morte di molti malati in tutta Italia. Dobbiamo tristemente ricordare che anche dagli atti processuali della vicenda di DJ Fabo emerge che i medici intervenuti apparentemente non spiegarono in cosa sarebbe consistito il protocollo di sedazione profonda se avesse deciso di non partire per la Svizzera (cfr pagina 10 Sentenza DJ Fabo- Cappato "in effetti, la possibilità di affrontare la morte sospendendo le terapie in atto e sottoponendosi a sedazione profonda non era stata illustrata a Fabiano Antoniani da un medico"... https://www.giurisprudenzapenale.com/.../sentenza-M... )


Kathrin von Hohenstaufen




Haematologist - Senior Fellow in Medical Oncology presso University of Southampton, Lavora a Research project

Libero professionista

ha lavorato come Research fellow presso la University of Leeds, è stata Haematologist presso Oncology Institute of Southern Switzerland - Ente Ospedaliero Cantonale ed è stata Haematologist presso il Policlinico di Milano



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