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Mons. Antonio Livi e Gianni Vattimo.


“... mi scusi, ma... Monsignore o Professore?” ebbi a chiedergli in uno dei tanti incontri che per motivi accademici ebbi con lui. “Professore, perché il ruolo, insomma è quello” mi rispose sornione. C'è il nome di un altro Professore dal quale entrambi prendiamo le distanze, seppure per motivazioni diverse, e quel nome è Immanuel Kant anche se bisognerebbe invero andare più indietro ed arrivare ad un illustre allievo dei Gesuiti: Cartesio. Io da Kant mi distanzio con Freud ed insieme a Edith Stein (Santa, Martire e Dottore della Chiesa) perché come il Padre della Psicanalisi ha dimostrato inconfutabilmente, le categorie prime da cui parte la nostra mente non sono lo Spazio ed il Tempo (che anzi nulla significano e sono categorie del Mondo esterno), bensì l'intensità dei vissuti e delle pulsioni attive all'atto dell'evento esperienziale. Il Professor Livi se ne distanzia in molti e diversi punti ma anche, segnatamente, in quanto origine della teologia di Carl Rahner. Sebbene per molti versi si distingua nettamente dal Filosofo tedesco, qualcosa anche lo rassomigliava: i Professori tutti erano sostanzialmente puntuali e seri, ma lui particolarmente. Non ci regolavamo l'orologio, come facevano con Kant, ma ci fu una sola volta in cui arrivò in serio ritardo, al punto che dopo una buona mezz'ora stavamo già andandocene, quando improvvisa, una delle ns staffette di sorveglianza poste alle due rampe di scale sui lati del corridoio cui si accedeva alle Aule, diede l'allarme. L'immediato seguito di quel fatto stesso però lo distanzia nettamente da Kant. Entrò in Aula, ovviamente non trovò nessuno dei tanti capannelli, ma solo studenti 



disciplinatissimi ai propri posti in doveroso silenzio, e, trafelato, con un sorriso che diceva anche “ma a chi volete fregare...”: “Scusate il ritardo... In compenso ho il piacere di potervi presentare il Professor Gianni Vattimo...” Entrambi belli solari. Sì, esatto, proprio “quel” Gianni Vattimo, dopo Colli e Montinari il più autorevole interprete di Nietzsche, e fondatore del “Pensiero debole”. Filosoficamente e teologicamente uno dei suoi più irriducibili nemici. Ne ebbimo una ventina di minuti di bellissima disquisizione accademica ai massimi livelli. Ovviamente la reciproca galanteria accademica lasciò fuori con garbo i veri noccioli della questione, intorno ai quali – i Filosofi, come disse qualcuno, sono come Aquile – ci si limitò a volteggiare a distanza. Alla fine però mi sia lecito dire che la questione vera è quella in cui finì per impantanarsi Sartre. La maggior parte del pubblico non lo sa, ma, in campo di concentramento, Sartre stava per convertirsi e scrisse uno dei pezzi più belli del Novecento sulla Natività di ns Signore. A Sarte però, a differenza che ad Edith Stein il “salto nella Fede” non riuscì. Sarte, come tutti sappiamo restò sempre ateo, anche se a volte “abbiamo vissuto come fossimo credenti” (lo disse in un colloquio con la sua compagna di sempre Simone De Beauvoir). E' il motivo vero – che s'incontra con l'affermazione del Prof. Antonio Livi che la Fede implica la Metafisica – per cui i suoi “Cahiers pour une Morale”, seguito naturale de “L'Etre et le Néant” e scritti subito dopo, uscirono solo postumi. In essi invero Sartre aveva definito “Qualité” ciò che già San Tommaso d'Aquino aveva chiamato “Habitus”, per la qual cosa si trovò esposto al fuoco incrociato 



dei Comunisti da una parte, che lo dissero cattolico integralista mascherato, e dei cattolici dall'altro: se così è perché non vai via da quelli. La “Qualité” porta ovviamente implicitamente in sé una Morale assai vicina per non dire del tutto parallela a quella di San Tommaso. Ma qui la differenza di fondo che porta ad es. me, tramite Edith Stein a San Tommaso e quindi all'affermazione del Prof. Livi, ossia che la fede implica la Metafisica, e, “lo scacco” di Sartre, ma anche di Vattimo (non se ne abbia Professore, il suo “Il soggetto e la maschgera” è uno dei testi più affascinanti che abbia letto). E' il motivo per cui i “Cahiers” usciranno postumi. Sono stupendi. Il problema qual'é? Lo ammette lo stesso Sartre: la mancanza di fondamento. Infatti per Tommaso l' “Habitus” ha un fondamento, Dio; ma Tommaso il salto della Fede, a differenza di Sartre e di Vattimo è arrivato a farlo. Per Sartre questo fondamento non esiste. Su cosa può fondarsi la “Qualité” se Dio non esiste? l'uomo, per definizione (coerentemente anche con Tommaso e la Dottrina cattolica) è l'essere che non ha e non può avere fondamento in sé e se l'avesse sarebbe Dio; la società? Ma se la società – come ebbe a dire Sartre stesso - è quella nazista di Hitler o quella stalinista di Stalin? E allora su cosa? Ecco il perché i Cahiers escono solo postumi. Ma, per chi come Tommaso d'Aquino o Edith Stein, o, lo stesso Sant'Ignazio di Loyola, quel salto è riuscito a farlo, l' “Habitus” ha un Fondamento: Dio. Ora, questo fondamento che è ns Signore è, al tempo stesso, l'irruzione in un orizzonte in cui le posizioni di Sartre, Vattimo, Sosa e compagni sono superate. Si tratta d'altronde di posizioni di cui i più onesti di loro, come Sartre, 



ammettono lo scacco. Si tratta di un orizzonte nel quale è implicito quanto ribadisce Antonio Livi: “I fedeli cattolici (sia Pastori che fedeli) sanno che la verità che Dio ha rivelato agli uomini parlando per mezzo dei Profeti dell’Antico Testamento e poi con il proprio figlio, Gesù (cfr Lettera agli Ebrei, 1, 1), è custodita, interpretata e annunciata infallibilmente dagli Apostoli, ai quali Cristo ha conferito la potestà di magistero autentico per l’evangelizzazione e la catechesi. Agli Apostoli Cristo ha detto: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me. E chi disprezza me, disprezza Colui che mi ha mandato» (Vangelo secondo Luca, 10, 16). Il valore di verità della dottrina degli Apostoli e dei loro successori (i vescovi con a capo il Papa) dipende quindi interamente dal valore di verità della dottrina di Cristo stesso, l’unico che conosce il mistero del Padre: «La mia dottrina non è mia ma di Colui che mi ha inviato» (Vangelo secondo Giovanni, 7, 16). Padre Sosa, prigioniero com’è dell’ideologia irrazionalistica (pastoralismo, prassismo, storicismo) è allergico alla parola “dottrina”, ma non si rende conto che con questa sua stolta polemica offende non solo la Chiesa di Cristo ma Cristo stesso.” (Mons. A. Livi, Chiesa e PostConcilio 24.2.2017).
francesco latteri scholten

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