Pier Paolo Pasolini, noto anche come 3P, figura tra le più insigni della letteratura e dell'arte italiana del Novecento, è stato assassinato barbaramente ad Ostia nella notte tra il 1° ed il 2 Novembre 1975. Come potrebbe allora mai essere ulteriore vittima di un attentato tra i più efferati e terribili dell'Italia degl'anni di piombo, accaduto il 2 agosto 1980, cinque anni dopo, alla stazione di Bologna? Eppure di quell'attentato di cui si è giunti ad arrestare gl'esecutori e per cui esiste il dovere inderogabile per uno Stato civile di arrivare ai mandanti ed alla loro consegna alla giustizia, si sa per certo che le indagini furono fuorviate e depistate tra gl'altri da Licio Gelli, famigerato capo della P2, per questo condannato insieme a uomini dei servizi. E' certo anche il coinvolgimento della banda della Magliana. Di più: Pasolini
era spiato dall'ufficio D del SID, il reparto dei servizi segreti militari che ha inquinato e depistato le indagini sulla strage di Piazza Fontana ed aveva avuto per 7 mesi scambi epistolari riservatissimi con Giovanni Ventura terrorista legato al SID. Dunque strage di Stato. Ebbene, Pier Paolo Pasolini di quella strage non solo parla, ma la descrive minuziosamente. Descrive il contesto che a quella strage porterà e che la implica di necessità. La implica in quel contesto che implicò già l'assassinio del Presidente dell'ENI Enrico Mattei. Il contesto originario anzi - quello da cui si parte - è proprio quello che porterà all'attentato a Mattei, commissionato alla mafia dalle compagnie francesi, dei cui retroscena dettagliati era a conoscenza il giornalista Mauro de Mauro, amico di Pasolini e che a questi li avrebbe rivelati. Mauro de Mauro è
stato anch'egli per questo sequestrato, 16 settembre 1970, e poi ucciso. Pasolini avrebbe smascherato - o voluto smascherare - l'assassino di Mattei nell'ultima e purtroppo incompiuta sua opera: lo stupendo "Petrolio", un satyricon in chiave moderna, dove a pagine anche di grande filosofia - bellissimo il tema metafisico - si aggiungono le molte altre in cui è sviluppato il ritratto della società italiana del Novecento e di volti tipici di essa dalle classi più infime a quelle più elitarie in uno smascheramento straordinario in cui la figura del nuovo presidente dell'ENI, Eugenio Cefis (1921 / 2004), è ritratto non solo nella sua scissione psichica alla Jekyll/Hyde, ma anche nella sua bisessualità e nelle sue perversioni squallidissime. Il potere si intreccia fittamente alla
sessualità, perché, e Pasolini lo dimostra accuratamente, per Cefis (Carlo di Tetis nel testo), ma anche per altri personaggi dell'egemone classe economico politica, il sesso è potere ed il potere è vissuto nei modi della sessualità. Sullo sfondo, tra le moltissime altre cose, c'è anche il golpe Borghese. La trama di potere economico e politico che porta, anzi necessariamente implica, l'assassinio di Mattei è smascherata magistralmente da Pasolini, ma essa non si ferma assolutamente qui: essa prosegue decisa - e d'altronde l'assassinio di Mattei era storicamente già avvenuto - ed arriva alla strage della stazione di Bologna (nel testo pasoliniano è quella di Torino)
ed oltre. E' doveroso soffermarsi sul fatto che la strage alla stazione, al pari che l'attentato a Mattei, è una implicazione necessaria e non prescindibile. E' curioso che il testo pasoliniano non sia stato preso agli atti né per il caso Mattei, né per il caso de Mauro, né per il caso Pasolini e neppure per la strage di Bologna. Eppure, almeno per lo stesso caso Pasolini, sarebbe stato doveroso.
francesco latteri scholten.
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