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Sto vedendo Bruno Vì ospite di una serata televisiva.


 
Di Daniel Di Schuler

Per pubblicizzare il suo ultimo libro ripete tutte le baggianate della propaganda del ventennio. Il fascismo avrebbe creato questo e fatto quello. Dalle pensioni, avviate nel 1895 da un governo Crispi, alle bonifiche, pure cominciate all’inizio del Novecento. Fingendo di sapere poco o aver capito meno. Il fascismo, infatti, si limitò ad apporre il proprio timbro a quel che già c’era o, nel caso della settimana lavorativa di 40 ore, che ci sarebbe comunque stato perché ormai così volevano i tempi. Per il resto inaugurò la tradizione di comprare 




consenso a credito. Svalutando sempre più la Lira. Portando lo Stato sulle soglie della bancarotta già prima dell’entrata in guerra. Creando l’economia parassitaria di tutte le dittature bananiere. Mentre gli stipendi reali diminuivano. Altro che “si stava bene”. Mentre la produttività della nostra industria precipitava. Tra protezionismo e mazzette. Come ben descritto da Bottai nei suoi diari. Mentre i gerarchi grandi e piccoli si 




arricchivano. Crapone per primo. Peggio, molto peggio, dei peggiori politicanti della Repubblica. Solo su una cosa, l’insetto nazional-popolare ha ragione. Ai tempi del duce i giornalisti erano ben pagati. E i poeti, se per quello, ricevevano regolari sovvenzioni dal Minculpop. Non a caso si diceva che fossero divisi in lirici, cinquecentolirici e millelirici. Erano stipendiati da dipendenti del regime quali erano. Per scrivere quello che dovevano o, quanto meno, per restare in silenzio. Come nel caso delle leggi razziali. Alcuni addirittura le elogiarono. Gli altri, davanti alla pagina più vergognosa della nostra storia unitaria, fecero finta di nulla. Mentre chi si ostinava a ragionare finiva al confino o in carcere. Proprio come 




Gramsci. Sto passando le mie serate con i suoi Quaderni. Per certi versi, sono confortanti come gli Essais di Montaigne. Pare di dialogare con un amico, infinitamente colto e paziente. Per altri versi, sono desolanti. Specie quando descrivono il clima culturale dell’Italia del regime. Il nazionalismo accattone. Il provincialismo ottuso. Il conformismo fatto passare per scandalosa provocazione. Secondo un copione che continua a funzionare. Come Bruno Vì, da quel gran furbo che è, potrebbe ben testimoniare.



Daniel Di Schuler




E' nato il 12 settembre 1964, Scrittore, Pittore e Scultore, conosciuto per i numerosi viaggi vive in un villaggio di pescatori vicino Fisterra. Il suo romanzo “Un'Odissea minuta” edito da Baldini e Castoldi è stato finalista del Premio Italo Calvino. E' scrivener c/o Baldini + Castoldi, Bertoner editore e Albe Edizioni. Il suo ultimo lavoro è “L'ora che il tempo dice” pubblicato da Ex Cogita.






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