C'è
sempre una prima volta. Anche per fare debito pubblico da parte di
chi non ne aveva mai fatto. E' il caso dell'Arabia Saudita. Ma se si
fa una cosa mai fatta è bene farla bene e da protagonisti assoluti.
Si entra così sulla scena quasi eguagliando (67 Mld di dollari) il
record detenuto dall'Argentina (69 Mld). Con l'emissione di titoli di
Stato anzi si supera il Paese latinoamericano, 17.5 Mld contro 16.5.
Per il 2016 il deficit di bilancio è al record di 98 Mld di dollari.
All'origine c'è il crollo del prezzo del petrolio, sceso dai 115
dollari al barile (156 litri) del 2014 a 27 per risalire agli attuali
50. Sono queste cifre a segnare la guerra in Medio Oriente e la sua
ferocia. Si tratta infatti di essere competitivi, cioè offrire un
prodotto migliore a minor prezzo ma senza abbassare ulteriormente il
prezzo “di casa” del petrolio. La soluzione c'è ed è molto
semplice per chiunque guardi una cartina geografica mediorientale:
invece di far
circumnavigare la penisola arabica dalle enormi
petroliere per passare Suez ed arrivare al mediterraneo, portare il
petrolio direttamente tramite un oleodotto, che necessariamente deve
attraversare l'Iraq e la Siria. Il prezzo all'origine è superiore ed
il costo per l'acquirente è inferiore. Per questo però in Iraq deve
succedere quello che è successo e sta succedendo, Bashar al Assad
deve sparire, ed in più si va a “rompere i cabbasisi” agli altri
produttori di petrolio, segnatamente la Russia di Putin e l'Iran di
Hassan Rouhani. La questione di religione tra i sunniti dell'Arabia
Saudita e gli sciiti dell'Iran è anch'essa tutta qui: una questione
teologicissima: si tratta di petrodollari. Più teologica di così...
francesco
latteri scholten
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